da Il Circo
Poemetto

con cinque incisioni di Gelsomino D’Ambrosio
Nola, Il Laboratorio, 2008

   4. Il clown bianco

Sono il clown bianco,
quello che dà gli schiaffi.
Il mio costume
non è fatto
per essere sciupato.
Le mie scarpe
hanno punte all’insù.
Quando, con disdegno,
inarco il sopracciglio,
tuoni e saette
maledizioni e ambasce
colgono il mio compagno,
che precipita al suolo,
affranto,
in più pezzi.

Bambino,
perché non ridi?

   5. Il prestigiatore

Il prestigiatore
è un’appendice
del suo cilindro.
Il cilindro
è una variante
del fazzoletto.
Il fazzoletto
è un’ipotesi
formulata dal taschino.
Il taschino
è la valvola di sfogo
del frac.
Quando il frac
è riposto nel baule
il prestigiatore scompare.

Donatella Trotta
“Il Mattino”, 23 novembre 2009

  Con un sensibile scarto di registro rispetto alle sue precedenti raccolte di versi (Pulcinella a dondolo, Lo Zodiaco, Il Naufragio), ma fedele a una personale poetica aderente a una sorta di narratività lirica (o a un epos del quotidiano) intrisa di accenti fiabeschi, di teatralità e di magico realismo, Sant’Elia dispiega qui con spirito ludico e lieve il suo timbro originale, attento ad echeggiare  il ritmo arcano dell’anima. E la ricerca poematica dell’autore, condotta alle radici dell’umano con gli strumenti della ragione e della passione, è allora incarnata, nel suo Circo, in personaggi che rinviano sempre ad altro.

Ugo Piscopo
“Corriere del Mezzogiorno”, 10 gennaio 2010

  La scrittura, è di una sobrietà e di una essenzialità in certo senso oxoniensi. Immune da ornamentazioni aggiunte e da fumosità, procede per appunti di taccuini, per linee di estrema semplicità, che però suggeriscono situazioni in movimento. Il tema centrale e le figure dominanti del poemetto riguardano il mondo circense, colto con un animo nuovo e diverso da come si declina nell’ambito delle avanguardie, da Picasso ad Apollinaire e ai futuristi, o in quello dell’ossessione della smorfia, come ad esempio in Fellini. Qui, invece, è approcciato e ripreso come per scatti fotografici in bianco e nero, non da montare e fare scorrere cinematograficamente, ma da conservare e citare come icone della dissimulazione onesta, potremmo dire con un autore barocco.

Rinaldo Caddeo
“Il segnale”, febbraio 2010

  Questi ritratti sono presentati in terza persona, filtrati da una voce narrante, a volte interna al personaggio, a volte schierata con il punto di vista del pubblico. […] Un emblematismo che, fissando gesti e gesta, tra rutilanti luci e suoni, fa del circo una rappresentazione del mondo. Emblematismo poematico già presente nella ricerca poetica di Sant’Elia, (vedi il poemetto Zodiaco),  ma qui divenuto più fluido, filiforme, meno ragionato, ancora più rarefatto, essenziale, che riesce a scavare, in un soggetto emblematico par excellence del cinema e della pittura da Seurat a Picasso, da Chaplin a Fellini, una nicchia speciale, unica, inconfondibile.